Never goodbye, Fic per il 3° contest - Finale alternativo - FMA

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view post Posted on 2/12/2009, 19:08
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Titolo: Never goodbye
Genere: Introspettivo / Suspance / Sentimentale
Avvertimenti: Yaoi / What’if / Long fic
Raiting. Arangione / Rosso
Credits: FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All Rights Reserved.


Never goodbye



SPOILER (click to view)
Questo è il quinto.-
Disse Selim Bradley.
-L’ultimo.-
Aggiunse King Bradley.
Strabuzzai gli occhi.
Fu solo un attimo e sparii avvolto da ombre nere.
Quello erano il corpo e la mia anima, che venivano scomposti.


Fuori il sole era già alto nel cielo da diverse ore; filtrava tra le sottili tende di lino bianche, disturbando birichine il sonno saporito dell’uomo, la cui chioma scura faceva capolino dal piumone blu.
Si mosse un po’ strofinando il naso sul proprio cuscino del medesimo colore, prima sbattere le palpebre confuse.
Attorno a sé era tutto abbastanza sfocato, tanto che si strofinò le mani sul volto cercando di fare mente locale, prima di “riacquistare” la vista e osservare il soffitto candido.

Era solo un sogno.

Si disse amaro.
Sospirò.
Erano passati ormai due anni da quel fatidico giorno.
Sbadigliò decidendo di alzarsi, abbandonando quel piacevole involucro di calore che lo proteggeva dal gelido freddo invernale che penetrava tra le pareti e le piccole fessure di porte e finestre.
Con i piedi nudi cercò giusto un po’ le ciabatte, tirandosi su del tutto per avviarsi alla sala da pranzo, dalla quale proveniva un dolce profumo irresistibile.
Sorrise tra sé e sé.
Era bello svegliarsi e ritrovarsi in compagnia in casa.
Era bello, sapere che qualcuno attendesse il suo risveglio.
Ed ecco li.
Quel qualcuno chino sul caminetto, ad alimentare le braci con l’attizzatoio borbottando tra sé e sé.
Doveva dire, che dal suo punto di vista, la scena non si presentava male.
Focolare acceso.
Una calda casa accogliente…
E una mogliettina bionda, che cercava in vano di mantenere vivo il fuoco.

S’avvicinò con cautela, mentre i passi ovattati avanzavano oltre il divano bianco e sul grande tappeto di spugna rosso.
Con le braccia cinse quell’esile figura a sé, ricadendo all’indietro proprio sui cuscini della poltrona lì accanto facendo sussultare l’altro.
Zittì presto le sue lamentele posando un bacio sulle sue rosee e carnose labbra, assaporandole come il più dolce e succoso dei frutti.

Ancora una volta.

Pensò in quel preciso attimo la sua mente, prima di separarsi da quello.
Quel ricordo gli bruciava sin dentro l’anima, più vivo che mai.
La voce del proprio compagno non riusciva neppure a distrarlo; nè i suoi lievi colpetti al braccio; nè il suo odore, un ibrido, tra il fresco sapore di lamponi e l’amara cenere calda, la quale aveva surriscaldato il suo corpo.
Sembrò non riuscire a vedere nemmeno quelle sue pupille ambrate, la cui schiena torsa gli offriva la vista.
Le mani s’allungarono verso il suo volto, tirandone le guance come si fa con un bambino piccolo; cercava di chiamarlo invano.

-Ehi Roy, mi ascolti?-
Pigolava ostinata la voce ancora un po’ delicata, nonostante fosse già adulta di suo.
La mano gentile del moro tolse quelle dell’altro, posandole nuovamente sul suo grembo.

-Non c’è bisogno di farmi male.-
Fece ridacchiando, massaggiandosi il lieve rossore apparso su di esse.

-Ma oggi, mi sembri un po’ perso.-
Gli fece notare.

-Dormito male?-
-No.-
Mentì.

-Eppure non sembra.-
-Ti sembrerà male.-
-D’accordo.-
Mise le mani in segno di resa.

-Non ti faccio innervosire oltre.-
Ridacchiò punzecchiandolo.
Lo lasciò andare l’altro.
Di certo, non aveva voglia di rivangare i ricordi…
Quei brutti ricordi.

-Al! Afferra la mia mano! Al! Al!-
Continuava a chiamare la voce di Ed.
Teneva le braccia tese.
Il portale dinnanzi a sé.
Van lo teneva.
Le ombre tenevano Al.
Le prorompenti risa dell’Homunculus si faceva via via più forte.
Era eccitato.
Euforico.
Bramava la loro istruzione.
-Ed!-
Chiamò a sua volta la sua insegnante.
Inutile.
Io ero inutile.
Avevo quasi perso il mio Tenente, e ora, non riuscivo a spronare l’uomo…
Il ragazzo, che amavo.


-Oggi, avevo intenzione di prepararti il tuo piatto preferito.-
Ammise il biondo facendo sedere il moro sulla sedia una volta vestito.
Gli gettò le braccia al collo regalandogli un breve bacio a stampo.

-Come mai, oggi sei così accondiscendente?-
Non ti piace, che io sia carino con te?-
Chiese sedendosi sulle sue ginocchia.

-Ogni tanto, fa bene rilassarsi e concedersi delle libertà.-

Perché oggi?

Sorrise il moro.
Sorrise nuovamente con quella nota dolce e amara.

-E’ vero.-
Concesse.

-Fa bene.-
-Ti ho fato anche un dolce e preparato la tavola in sala da pranzo.-
Continuò, abbassando il tono su una nota più sensuale facendo scorrere il dito lungo la bocca del compagno, come a invogliarlo ad altro.
E quello sorrise ben soddisfatto.
Il risveglio si stava rivelando migliore del previsto.

-Amami…-
-Odio! Odio! Odio!-
Era la voce insistente di quel misero e infimo essere.
La sua anima nera continuava ad avvolgerci.
Voleva farci diventare parte di lui.
Voleva ucciderci.
Ci odiava.


-Continuo a pensare che mi sembri turbato.-
Si fece sentire nuovamente insistente quella voce, mentre il ragazzo a cui apparteneva posava un piccolo cestello di vimini in tavola, contenente della pizza.

-Non ti ho mai visto così silenzioso, di solito sei loquace, oppure mi ‘rompi’ le scatole.-
-Non posso restare tranquillo, senza che tu ti preoccupi?-
Ironizzò con falsa scocciatura, mentre una mano si posò teatralmente sul suo petto.
Proprio all’altezza del cuore.

Ed era lì che faceva più male.
E il dolore era intenso.
Colpiva ripetutamente.

-Ovvio.-
Rispose semplicemente l’altro prima di posare i piatti in tavola.
Roy sorrise di sghembo.
Quel pestifero ragazzino riusciva sempre a farlo sentire un’idiota, che pessima abilità che possedeva!
Eppure, era proprio quello ad averlo attratto così tanto.
Quel suo modo di fare così dolce e genuino.

-Amami…dimenticami… ricordami…-

-Non hai fame?-
Sentì chiedergli la voce di quello.

-Anche troppa.-
Rispose.
Eppure, non sentiva di voler mangiare.
Guardava fisso il suo piatto e sentiva quel qualcosa attraversargli il petto.
Dolore.
Solitudine.
Non lo capiva.
Sentì quella mano posarsi sulla sua spalla.
Le labbra posarsi sulla sua guancia, fino a risalire al suo orecchio che prese a lappare.

-Ti va, di farlo?-
Sussurrò sensuale.
Non gli rispose.

-Ti va di assaporare me?-
Chiese nuovamente, con quel suo tono basso e vibrante.
Le mani erano scese volutamente fino al petto sotto la camicia che lui stesso aveva sbottonato.
Carezzava il suo petto e ci giocava.

-Si.-
Rispose pacato, alzando il volto per unire le proprie labbra.
Attirò a se il corpo del ragazzo, spingendolo poi verso il divano.
Lo fece cadere sui cuscini.

Chinati su di lui.

Si chinò lentamente verso il ragazzo.
Dolcemente gli carezzò il capo.
Lui gli afferrò il bavero della camicia.

Mi odiavi.

Premette nuovamente le sue labbra su di lui.
Le mani del moro gli slacciarono i bottoni.
Lentamente.
Senza fretta.

-Amami…-

Gli scoprì il petto, slacciò i pantaloni.
La bocca stuzzicò il suo corpo, le braccia del biondo gli cingevano il collo.
I suoi pantaloni finirono in terra e i suoi capelli sciolti, sparsi sui cucini.
Brillavano, come i suoi occhi ricolmi di lacrime.

Non pensarmi.
Non distruggerti.


La mano del maggiore s’insinuò tra le sue gambe ora nude.
Baciava il suo volto e la mano carezzava lentamente l’intimità del compagno.
Lo fece ansimare.
Gemere di piacere.
Voleva farlo impazzire.

Assapora questo momento.
Pensami.
Dimenticami.
Respingimi
-Amami…-


Mordeva la sua pelle.
La leccava.
L’assaporava.
Alzò le gambe per intrecciarle al suo corpo.
Lo voleva.
Lo sentiva.

Lo carezzò in volto.
Si baciarono.
Caddero in terra; Edward su Roy.
Si sorrisero.

-Ti amo.-
Disse il biondo, ma il moro non lo sentì suo.

Distruggimi.
-Amami…-
Continua ad odiarmi ti prego.
No!
Non lo fare!
Amami!


Si chinò su di lui.
Ancora un’unione, prima di liberare quello dai suoi vestiti.
Il movimento continuava.
Lento.
Imperterrito.
Gemette ancora una volta il ragazzo ritrovandosi nuovamente sotto, a contatto con il tappeto.
Stese le braccia sopra la sua testa.
Chiuse gli occhi, allargò le gambe.
Chiamò il suo nome.
La voce tremula.
Spezzata.

-Roy…-
Soffiò.

-Roy…-
Ancora una volta.
La voce eccitante entrò sotto la sua pelle.
Lo fece vibrare.
La mano si posò sulla sua bocca.

Assaggia il suo seme.

Il moro chinò il capo verso il membro ormai turgido.
Si chinò verso di lui iniziando a lapparlo con la bocca facendo scorrere una mano sotto di lui.

Volgilo a te.
Fallo tuo.


La mano volse il petto del ragazzo contro il tappeto, una volta che lo sentì ‘saturo’.
Non lo avrebbe fatto venire per il momento.

Penetralo.
Entra in lui.
Diventa lui.


Un’unica spinta.
Un’unica unione e un movimento fluido e conciso.
Un gemito.
Ansimi.
Grida di piacere…

Fondi i vostri corpi.

Venne dentro di lui.
Lo sentì nel proprio ventre, riscaldandolo più dello stesso calore che era scaturito nel corpo, ai tocchi.
Le braccia strette sul suo corpo.
Caldo.
Arrossato, mentre le labbra continuavano a baciarlo.
Erano l’uno dell’altro.
Erano amanti.

-Adesso, me lo dici cosa ti turba?-
Gli chiese in un sussurro la voce del minore.

-Fidati di me.-
-Nulla.-
-Puoi dirmi tutto.-
Continuò con quella tonalità.

-Credo alla tua storia.-
Gli disse semplicemente, come se fosse doveroso farlo.
Come se con quello potesse spiegare tutto.
Ma Ed capì.
Annuì e chiese ancora, finchè lui non cedette e raccontò.

-Finalmente siete giunti.-
Era la voce dell’Homunculus.
Aveva quella forma?
Chi era, mi chiesi all’istante.
-Tu… tu sei il Padre?-
-Chi altri se no?-
Mi fu chiesto.
-Che ne hai fatto del tuo corpo? Sei ritornato al tuo aspetto?!-
Questa era la voce di Edward, del mio Edward.
-Dov’è nostro padre? Papà!-
La voce di Alphonse.
-E’ qui.-
Fece sagace quella voce derisoria.
-Mi sono liberato del mio involucro, l’ho assorbito.-
-Tu lo hai cosa?-
Di nuovo Acciaio.
Oh, quanto era palpabile la sua ansia nella voce.
-E’ finalmente diventato parte di me.-
Spiegò come ovvio.
-Non avrei mai dovuto permettergli di vivere.-
Vidi un ghigno solcargli le labbra, prima battere i propri pugni assieme.
-A quanto pare, mio padre non sapeva proprio farsi degli amici.-
Quello stesso sorriso lucente e sadico apparve sul “volto” dell’essere.
-Fantastico! Superbo! Bello! Ho proprio bisogno di anime forti e decise come la tua!-
Prese a ridere forte e sguaiato.
Voleva noi?
Voleva ‘assorbirci’?
Non glielo avrei permesso.
Non gli avrei dato la mia anima, nè quella di nessun altro.
Vidi il Full Metal scattare in avanti, ma fu proprio la donna, a posargli una mano sulla spalla.
-Non fare cose avventate.-
Gli disse.
-Maestra…-
-Ihih! Dalle retta, che qui, come ben sai, non ti è dato usare l’Alchimia.-
-E chi ha detto che voglio usarla?-
Fece sfacciato.
Tipico d’Acciaio.
-Voglio picchiarti finché non sputi fuori mio padre!-
-Ma quanto siamo devoti alla famiglia…-
Sfottè.
-Voglio solamente prendere a calci mio padre, prima che lo facciano altri al posto mio!-
-Ed!-
Ancora il piccolo Elric.
-Lascialo stare Al.-
Era la mia voce?
Possibile?
-Avanti piccoli essere umani, ho qui quel che è vostro.-
-Tu non hai nulla di nostro, se non il papà!-
Incredibile, quanto coraggio aveva il minore dei due fratelli.
-Tu credi, piccolo ragazzino di latta.-
Feci per ribattere, quando il mio occhio si spostò sul terreno attratto da qualcosa.
Ombre.
Selim Bradley, stava spargendo il suo potere nella stanza; ci avrebbe catturato.
Non ebbi però il tempo di pensarlo, che eccole lì.
Avvinghiate alle mie caviglie.
Alle nostre gambe, risalivano il nostro corpo, le braccia…
Ora eravamo suoi.
-Siete solo deboli e stupidi voi umani.-
Continuò la voce.
-Ecco perché, io e i miei figli confidiamo in voi, perché andate avanti e con il vostro egoismo che scambiate per amore, siete spinti nel fare cose sciocche, come cercare la pietra filosofale.-
Rise
Rise di noi, ormai immobili e impotenti sotto il suo sguardo folle e saccente.
-Volevate la pietra? L’avrete.-
Ci disse.
-Oh, si che l’avrete. Con le anime degli abitanti d’Amestris, ormai manca poco all’attivazione, mancate solo voi.-
-Mai!-
Tuonai.
-Non ci avrete mai!-
-Mustang…-
Mi chiamò con il tono in cui si rimprovera un bambino di una marachella.
-Mustang, ti facevo più intelligente, non ti rendi conto della situazione in cui ti trovi?-
E a quella logica così sottile ed esplicita non potei ribattere.
Era vero.
Loro ci avevano in pugno.
La nostra alchimia non poteva più nulla, e io…
Io non potevo muovere le mie mani, ferite dalle spade di Bredley poco prima d’esser trascinato lì e liberato da esse, proprio dalle ombre, le stesse che ora mi catturavano.
Sentivo il mio sangue scivolarmi via, ungo le braccia.
Quanto ne stavo perdendo?
Tanto.
-Siete pronti?-
Sentì nuovamente, martellante e fastidiosa, la sua voce.
-Pronti a sacrificarvi per essa? A riottenere tutto quello che avevate perso?-
-E lo scambio? Non dovremmo poi darti qualcosa in cambio?-
-Al.-
La voce stanca della loro insegnante.
-Siamo noi, noi stessi lo scambio.-
Stavolta spiegò Ed al fratello.
-Riotterremo tutto, riavremo tutto quel che abbiamo perso, a patto, di perdere noi stessi, e divenire parte integrante della pietra.-
-Bravissimo, sei degno figlio di tuo padre, un sacrificio sprecato.-
-Sei un bastardo!-
Lo sentii agitarsi.
-Che te ne viene? Cosa ne fai con la pietra? Ci sfrutti e giochi con noi e in fine? A cosa ti serve eliminarci?-
-Siete solo feccia, dei piccoli insetti che inquinano questo mondo.-
E nel dirlo, sembrò amareggiato…
Triste a dire il vero, come se provasse un qualche sentimento.
Dispiacere.
-Nessuno di voi, è adatto, voi, non potreste capire.-
-Sei avido, nonostante tu abbia separato quel peccato da te.-
Soggiunse la stessa voce.
-Vuoi tutto, vuoi eliminarci tutti e poi resterai solo. I tuoi figli prima o poi ti odieranno e tu, sarai costretto a eliminarli… bell’esistenza che ti si prospetta davanti.-
Da quando?
Quando, continuavo a chiedermi, Acciaio aveva imparato a riflettere così.
Quand’era accaduto?
Quanto mi ero perso sulla sua crescita?
Ora, sembrava proprio un uomo.
-Basta, mi avete stufato.-
Tagliò corto lui.
-E’ una promessa, non soffrirete…-
Ci disse.
E nel farlo, carezzò Izumi…
Lei, sembrava ormai abbandonata a lui.
La sua forza vitale sembra che appartenesse già a quell’essere.
-Non toccarla!-
Strillò ancora Edward.
Ma a che scopo?
Non aveva senso.
-Lascia stare Ed.-
Disse flebile lei.
-Lascia stare, tu, non lo sai.-
-Sapere cosa? Sapere che sarò dannato in eterno?-
-Potrò riavere mio figlio…-
-No, non lo riavrà, come noi non avremmo mai nostra madre e il Colonnello il suo migliore amico! Nessuno avrà nulla!-
-Taci! Tu che ne sai di quello che è il mio potere?-
Chiese sibilando.
-Lo so, l’ho visto! L’ho conosciuto quando ho utilizzato Envy dentro Gluttony e non voglio, non voglio diventare anche io, un’anima sofferente e senza pace per sempre.-
-Perché sei un codardo.-
-Perché non voglio essere manipolato.-
Ancora una volta quello rise.
-Divertente, tu che non vuoi essere manipolato, dopo tutto quello a cui sei servito.-
-Non intendo essere nuovamente sfruttato.-
-Ma è qui che tu non hai possibilità di potere.-
S’interruppe.
L’odiavo.
Odiavo me stesso, mi sentivo inutile.
-Wrath, sai cosa fare.-
Ordinò.
L’ansia la sentivo accrescere dentro di me.
La frenesia e la consapevolezza mi martellavano in petto.
Avevo paura?
Per cosa?
Non lo seppi.
Probabilmente non pensai.
O forse…
Forse credetti di pensare.
Ne ero quasi sicuro, la mia mente venne scomposta, così come tutto me stesso.
Ancora una volta.
Forse, qualcosa di me si perse nello spazio e nel tempo.
Non ne sono così sicuro, ma non ricordo i volti dei miei genitori, dei miei amici.
Ricordavo solo il mio nome, i miei ultimo momenti, la mia carriera e le persone che in quel momento mi circondavano…
Li avevo lasciati li.
Indietro, persi per sempre.
All’improvviso bianco.
Vuoto.
Il nulla, la traccia del cerchio.
Io ero una parte di esso.
Tremava.
La terra tremava.
-Non soffrirai. Non soffrirai.-
Queste erano le ultime parole rimaste impresse nella mia mente.
Avevo rivisto tutti i miei pensieri.
Li avevo rivissuti tutti, la mia vita mi era scorsa davanti agli occhi e, così come li avevo collezionati e custoditi gelosamente, li avevo dimenticati in un attimo.
Come uno schiocco di dita.
Con le mie dita, e quasi mi sembrava d’avergli dato fuoco.


-Roy...-
-Dormi Ed, dormi.-
Sussurrò gentilmente al suo indirizzo.
Era seduto sul davanzale della finestra, si lasciava trasportare dai suoi pensieri, nel silenzio della notte ormai scesa, mentre la luce lunare rifletteva il suo petto nudo carezzato dalla sottile tenda candida.
Beveva.
Lo scotch in una mano e l’altra a lisciarsi i capelli.
Qualcosa.
Qualcosa in lui non andava.
Era stanco.
Turbato.
Scosso.
E il compagno, non aveva fatto che sostenerlo tutto il giorno.
Coccolarlo e assecondarlo come se sapesse.
Come se potesse capirlo più di chiunque altro.
Improvvisamente, si era sentito più vicino.
Lui era molto più di quel che ricordava.
O forse era troppo poco.
Quelli non erano i suoi pensieri.
Lui non aveva fatto quella vita, ne era quasi sicuro.
Era giovane.
Troppo giovane, per aver vissuto così intensamente.
Non ricordava divise.
Non ricordava superiori, scienze, alchimie.
Niente di tutto ciò era suo.

Edward.
Lui sì.
Lui gli apparteneva, era l’unico passo sicuro dei suoi pensieri.
L’unico filone logico in cui lo vedeva protagonista.
Quelli erano soltanto sogni.
Quelli erano soltanto frutto della sua immaginazione.
E allora perché, continuava a chiedersi.
Perché gli sembravano così veri.

Chi sei?
Mi chiesi come uno sciocco.
Sono te.
Sentii la voce rispondermi.
Era la mia, eppure non mi sembrò mai così estranea.
No, non ricordo nessuna divisa nella mia vita.
Ma c’è nella mia<u>.
Chi sei?
Io sono <u>te
e tu, sei me.
No, io sono io.
E io, provengo da un altro te.
Mi rispose.


Bevve ancora un sorso lui.
Era turbato.
Era spossato e pian piano iniziò a sentirsi stanco.
Sentiva una voce dentro di se.
Una voce rassicurante, che sembrava cullarlo.

Dormi Roy, dormi.
Era questo che la mia mente continuava a dirmi.
Era questo che la mia voce comandava.
Eppure, sento che non è la mia, sento di non essere io, nonostante la somiglianza.
Dormi Roy, dormi.
Lasciami parlare con il mio amore.
Continua a dirmi.


Gli carezzava i capelli corvini.
Carezzava quella sua zazzera ribelle e il suo volto dai lineamenti delicati.
Giovani.
E una lacrima scese sul suo viso; scorreva giù, lungo le gote perlacee della sua candida pelle.
Un frammento di sé ricadeva tra le coltri lasciandosi assorbire dolcemente, sperando che i suoi pensieri e il suo amore arrivasse fino a lui.
Fino al suo Roy.
Fino al Taisa.

Attivato.
Il cerchio era stato attivato e io ero li.
Ero il terzo componente.
Quel bianco s’intensificò.
Urlai, ma non avevo voce per farlo.
Urlai ancora.
Rimasi muto.
Di nuovo assieme.
La stanza era nostra.
Di noi cinque.
Si cinque, c’era Van Hohenheim con noi.
-Dove siamo?-
Chiesi io.
-Questo è il portale.-
M’indicò proprio la figura di Hohenheim, il quale alzò un dito davanti a se.
Lui, mi era di profilo e io, mi dovetti girare verso il punto indicato.
Vidi un portone.
Era immenso, dorato sul quale era inciso un albero crescente, sul quale era rappresentata la nostra vita a partire sin dalla prima nascita.
Era li, fluttuante nel vuoto e bastava chinare di poco gli occhi, per trovarvi Izumi in terra distesa.
Distolsi il capo per una frazione di secondi, e una figura bianca era seduta in terra il cui sorriso maligno sembrava rivolto a me, continuava a fissarmi.
-Ben tornati.-
Mi disse, eppure ne ero convinto, non ce l’aveva con me.
Mi voltai e trovai Edward a fissare la mia schiena.
No, l’essere sul quale riportai la mia attenzione.
-Chi sei?-
-Io?-
Mi domandò scostando di poso il volto perlaceo su di me.
-Io sono Dio, l’Uno, il Tutto, la Verità, il Nulla… o se preferisci…-
Alzò un candido dito su di me.
-Potrei essere te.-
-Non dire idiozie!-
Lamentò la voce di Acciaio alle mie spalle.
-Tu non sei altro che un impostore, non sei altro che un essere malvagio, un vile ricattatore.-
-Parli tu?-
Gli chiese innocentemente.
-Tu, che entri nel mio regno per la terza, e ultima, volta? Tu che hai beneficiato dello scambio equivalente.-
-Non uno scambio, non era equo.-
-Volevi tua madre, hai la conoscenza.-
-A che prezzo? Alla mia gamba e al mio braccio?-
E fu a quel dire, che mi accorsi del fatto, che l’esserino, la ‘Verità’ possedeva due arti in carne, gli arti del Full Metal.
-Li vuoi indietro?-
Chiese.
-Io posso darteli.-
-Ti prenderesti tutto me stesso.-
-E’ pur sempre uno scambio.-
-Mai!-
-Guardami fratellone, guardami!-
Stavolta ci voltammo tutti verso la figura di Al.
O meglio, il suo corpo emaciato e i suoi lunghi capelli castani.
Quello era il suo corpo, rimasto alla tenera età dei dieci anni, gli ultimi che ricordavano la sua infanzia.
-Al tuo fratellino piace.-
Lo sentii ghignare.
Che sporco essere spregevole, giocare così con i sentimenti di due ragazzini.
-E la tua maestra ha di nuovo suo figlio.-
Mi voltai verso di lei.
Era nuda.
Noi tutto lo eravamo ormai e lei stringeva un bambino tra le sue braccia.
Un infante, le cui risa si confusero con quel vuoto attorno a noi.
-Io non voglio nulla.-
-Si che lo vuoi.-
Affermò al suo posto.
-No.-
-Si, te ne vuoi andare di qui e tanto basta, per volere un qualcosa.-
-Ma tu non permetterai mai che io me ne vada, vero?-
-Verissimo.-
-Perché?-
Chiesi io.
-Perché?-
Ripetei.
-Perché voi sarete la mia forza vitale, sarete una parte di me.-
-Che vuoi dire?-
-Non l’hai ancora capito?-
Mi chiese.
-Questo, è il cuore del ‘Padre’.-
Disse lapidario Van.
-Noi ora, siamo dentro di lui.-
Le parole mi morirono in gola.
Questo, voleva dire, che ero perso?
Che ormai non c’era più speranza?
-No.-
Fu proprio la voce di Acciaio a rispondermi.
-Attraverserò il portale e tu non potrai trattenermi.-
-Sei sicuro di volerlo fare?-
-Si.-
-E se la tua anima, mente e corpo si separassero e un solo pezzo di te arrivasse dall’altra parte? Cosa faresti?-
-Nulla.-
-Diventerai un vegetale.-
-Meglio che una parte di te.-
-Lo sai comunque, tutto questo sono io, anche il modo in cui vivevi.-
-E allora perché mi uccidi?-
-Non ti uccido, ti utilizzo.-
-Perché farlo in questo modo?-
Chiesi io, Al era ancora a contemplare il suo corpo e Izumi a cullar il suo bambino.
L’unico che non batteva ciglio o forse accettava pacatamente la cosa, era proprio Hohenheim.
Di certo lui attendeva da tempo la sua morte o una fine simile.
-Perché una volta morti, la vostra forza vitale s’indebolisce, quando morite la vostra anima si unisce a me, ma se siete vivi, io divento sempre più forte.-
-Ma non ha senso.-
-Per te, che sei un essere umano, non per me.-
-No. Voglio uscire di qui.-
Affermò la voce di Edward.
-voglio uscire di qui e vivere a modo mio!-
-Si, odiami.-
Fece la verità sogghignando.
-È proprio l’odio che mi fortifica, e tu non potrai mai amarmi.-
-Edward.-
Lo richiaò il padre.
-Basta! Sta zitto! Sta zitto! Ti odio! Vi odio tutti! Non posso rimanere qui dentro con voi! No! No!-
Urlò lui.
Cosa gli succedeva?
Cosa stava accadendo?
-Ci sono io Fratellone.-
Inorridì.
Il volto di Al sembrava diventare vecchio e dovette accorgersene anche Acciaio, che spaventato indietreggiò.
Si voltò nella mia direzione e gettò un gemito strozzato.
Mi voltai.
Anche Izumi e il suo bambino sembravano segnati dagli anni.
-Cos’è?!-
Chiese con il volto contratto in una smorfia.
-E’ quello che lui vuole che noi vediamo.-
Spiegò suo padre.
-Sono gli anni, che ti segneranno nel ‘vivere’ una vita.-
S’intromise a verità.
-Loro hanno accettato lo scambio, ora sono miei.-
-No.-
Ripeté.
-No! No! No!-
Ma contrariamente alle sue parole, Alphonse indietreggiò fino a raggiungere la sua insegnate davanti al portale.
-Al…-
Chiamò il padre.
-Non farlo Alphonse.-
-Fa come ti dice Al!-
Richiamò il più grande.
-Non eri tu Fratellone, che dicevi di volermi ridare il mio corpo?-
-Si, ma non in questo modo. Al! Torna in dietro Al!-
-No. Hai mantenuto la tua promessa, ora fa che io possa mantenere la mia, seguici, accetta lo scambio.-
-No, mai!-
Continuavo a guardarli attraverso quel bianco accecante.
Era così debole il volere umano?
No, non lo avrei mai accettato.
Il portone s’aprì con un cigolio e da esso fecero capolino delle braccia.
Erano nere, come i volti a cui appartenevano al suo interno.
Cos’erano?
Non avrei mai trovato una risposta a quell’interrogativo.
Le vidi spingersi verso di noi e afferrare loro.
Li trascinarono dentro.
Ma Ed li seguì.
Cercò di afferrare il fratello, allungò la sua mano e Van lo tenne stretto.
-Al! Afferra la mia mano! Al! Al!-
Continuava a chiamare la voce di Ed.
Teneva le braccia tese.
Il portale dinnanzi a sé.
Van lo teneva.
Le ombre tenevano Al.
Rise l’Homunculus, rise di noi ancora una volta.
-Deboli, stupidi.-
Era eccitato.
Euforico.
Bramava la loro distruzione.
Le braccia afferrarono Edward.
-Ed!-
Chiamò a sua volta la sua insegnante.
Sembrava aver ripreso coscienza di sé, sembrava voler tornare indietro.
Troppo tardi ormai e io restavo a guardare atono.
Non un muscolo sembrava volersi muovere.
-Non lasciarmi Al! Non andartene via anche tu!-
Continuava a chiamare disperato Acciaio.
-Non lasciarmi solo!-
Queste ultime parole presero a ripetersi continuamente nella mia testa.
“Non lasciarmi solo. Non lasciarmi solo. Non lasciarmi solo…”
Era a questo che lui pensava?
Era solo suo fratello l’unica sua sicurezza?
E io?
Io che, nonostante il suo odio verso di me, cercavo di stargli vicino?
Era ingiusto.
Era troppo ingiusto.
-Lascialo andare Edward, lascialo.-
Continuava a ripetere invano la voce di Van.
-Lascialo.-
Feci eco io.
-Pensa a chi ti vuole bene, al di fuori di qui.-
Cercai di dirgli, anche se ero consapevole di sussurrare.
-No!-
Sentii che mi rispose.
-Non voglio, non posso farlo, lui è mio fratello!-
-Pensa a tuo padre allora.-
-No!-
-Edward.-
Lo richiamò Hohenheim.
-Vieni con me Ed.-
Disse Al.
No, non era Alphonse, lui non lo avrebbe mai permesso.
Mi voltai verso la Verità.
Sì, era lui a muovere la mente di Alphonse.
Mi avvicinai a quella, l’avrei annientata.
Avrei salvato quello sciocco ragazzino che amavo e suo fratello con la loro insegnante.
Ancora un po’.
Bastava poco per far si che lui non prendesse la nostra anima.
Ero quasi sicuro che non stesse badando a me.
Che non mi avrebbe visto, ma proprio mentre gli sferrai un calcio quella mi bloccò.
-Cosa credi di fare?-
-Ti voglio distrarre.-
-Perché?-
-Perché ti odio.-
-Risposta errata.-
-No, è esatta.-
-Bugiardo, tu lo fai per amore; perché ami uno stupido moccioso.-
Non risposi.
Lui sapeva meglio di me cosa volevo.
Ancora una volta, distolsi lo sguardo.
Alphonse era bloccato dalle braccia, Izumi e il neonato erano ormai dentro il portale e non attendevano altro che il ragazzo.
Edward ora era in terra.
Piangeva.
Era disperato e suo padre era chino su di lui.
Non capivo.
Quando era accaduto?
Forse ero riuscito a distrarlo veramente?
No, probabilmente lo aveva voluto lui.
Voleva portarci sull’orlo della disperazione, alla pazzia.
-Perché lo fai?-
Gli chiesi.
-Mi diverte.-
Rispose.
Al ormai era dentro.
Stringeva la mano d’Izumi.
Ci guardavano e nei loro volti, nuovamente giovani, cera l’ombra di un sorriso.
Erano sereni.
Erano contenti così, felici.
Distolsi lo sguardo.
Non potevo sopportare quella vista.
Era troppo crudele.
Tornai verso di lui.
Cercai di carezzarlo, ma mi respinse.
-Vattene! E’ tutta colpa tua-
Sbattei le palpebre.
-Mia?-
-Si tua! Non saresti mai dovuto venire in casa nostra! Non avresti mai dovuto chiedermi di entrare nell’esercito! Io non sarei diventato un grande alchimista! Non avrei cercato la pietra!-
-Edward…-
-Vattene via! Stammi lontano! E’ colpa tua! Tua se sono diventato quello che sono! E’ colpa tua se ora mi trovo qui.-
Tacqui, ma lui continuò voltandosi verso il genitore.
-E’ tutto iniziato da te! E’ colpa tua, se abbiamo fatto una trasmutazione umana.-
-Non incolparlo!-
L’ammonì la Verità.
-Sei stato tu a volerne compiere una, lui se n’è andato, tua madre è morta e tu hai preso questa decisione, così come le altre.-
Stavolta fu lui a non rispondere.
Lo sentivo.
Stava per andarsene.
Stava per allontanarsi da me, così ritornai chino su di lui.
Mi avvicinai al suo orecchio e glielo dissi.
Gli confessai il mio amore, così che solo noi potessimo sapere, ma ero certo che gli altri sapessero.
Mi scostò da se.
Mi guardò con i suoi occhi gonfi e annuì.
Capì che improvvisamente l’odio che provava per me, si dissolse.
Il portale era ancora aperto e oramai non conteneva più altro che quegli esseri.
Alphonse e la sua insegnate erano spariti ormai, assorbiti dall’Homunculus.
-Non li vuoi i tuoi arti?-
Acciaio lo guardò.
Sorrise di sghembo.
Era maledettamente vicino quel momento.
Avevo paura.
Non lo avrei mai più rivisto.
-Voglio la mia vita.-
Affermò.
Tornò a fondere i suoi occhi ambrati con i miei e sentii svanire il vuoto attorno a noi.
Fu un attimo troppo lungo, perché io potessi contemplarlo fino alla fine.
La sua treccia sferzò l’aria e prese a correre.
-No!-
Fu l’urlo della Verità.
Si lanciò all’interno del portale.
Un ultimo sguardo al suo volto fanciullesco e i lineamenti delicati.
-Amami…-
Gli dissi.
-Odio! Odio! Odio!-
Iniziava a ripetere quell’essere.
-Vi odio tutti! Morite! Morite!-
Strillò.
-Non passerai mai dall’altra parte!-
Non gli badai.
Ero pronto a fidarmi del mio amato ragazzino.
Ero pronto a donare la mia anima a quel bizzarro universo, pur di saperlo vivo.
Potevo rischiare.
Il portale si chiuse e io rimasi lì a contemplarlo.
Van mi posò una mano sulla spalla.
-E’ ora che tu faccia l’accordo.-
Non volevo, ma non sarei mai rimasto lì nell’infinito vuoto a impazzire.
Forse avrei sofferto per l’eternità come diceva Edward.
Lui lo aveva visto e io avrei pagato così il mio prezzo, pur di stargli accanto.
-Sei un tipo curioso.-
Mi disse.
Il portale si riaprì nuovamente con un sonoro scatto.
Sbattè le ante al limite massimo della sua apertura facendo scattare i cardini; le braccia accorsero verso di me, mi sentii trascinare dentro e in un sol’attimo ero li ad essere smembrato dagli esserini oscuri.
Sorrisi.
Finalmente mi sentivo felice.
-Perdonami Tenente… perdonatemi tutti.-
Furono le mie ultime parole.
La mia bocca, il mio corpo…
Ora non esistevano più.
Ora uno tutto e niente.
Ora potevo stare accanto alla mente di chi amavo e lui con me, attraverso un uomo rassomigliante la mia figura.
Lo avevo visto e lo dimenticai.
Sapevo solo di aver condannato un altro me stesso.

-Io mi ricordo di te.-
Sussurrò abbracciando il corpo del ragazzo.

-Mi ricordo di te.-
Continuò a sussurrare nella notte.

-Non ti ho mai dimenticato, te l’ho promesso.-

<i>No...
No.
È meglio che lui non ricordi di quando il suo amore era odio
..

- Ti amo… Taisa.-




Ok, per voi 'commenti esterni', spero che la Fic vi sia piaciuta, ho tentato di mescolare un ratig rosso obbligatorio, inun qualcosa di un po meno spinto.
Spero di aver fatto bene i calcoli e tutto il resto .
Bella! XD
 
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0 replies since 2/12/2009, 19:08   45 views
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