Sasuke teneva all’ordine, constatò per l’ennesima volta assorto, mentre lasciava vagare liberamente gli occhi lungo la liscia superficie di rovere chiaro, talmente lucido da potercisi specchiare; non un solo granello di polvere comprometteva quello specchio, solcato da leggere scanalature più scure, ove i singoli tasselli di legno convergevano. Chissà quanto tempo impiegava ogni giorno il suo compagno per mantenere quel parquet così lindo e lustro?
Naruto sospirò leggermente amareggiato, confrontando l’abitazione di Sasuke con la propria; inutile dire quanto fossero differenti. La dimora del suo ragazzo era tenuta in modo impeccabile, quasi maniacale, mentre il suo piccolo appartamento sembrava immerso perennemente nel caos. Eppure lui, nel suo abitacolo disordinato stava bene, nonostante Sasuke lo rimbeccasse sempre per questo. Il fatto era che tra l’amante e lui vi era un abisso, talmente profondo da non riuscire a scorgevi il fondo. Loro erano
diversi, irrimediabilmente in contrasto. Lo sapevano entrambi.
Il ragazzo alzò mesto lo sguardo, fissando la porta da cui il moro era uscito. Strinse forte i pugni, tanto da far sbiancare le nocche, mentre serrava forte le palpebre. Mordicchiò nervosamente il labbro inferiore, sentendo la sottile pelle delle labbra lacerarsi leggermente e goccioline di liquido caldo uscire da quella piccola ferita. Il sapore metallico del sangue raggiunse le sue papille gustative e lo fece scattare di colpo, svegliandolo dallo stato catatonico in cui era piombato. Si alzò in piedi, sicuro e senza esitazione, con la luce della determinazione negli occhi. Se quel Baka credeva che lui si sarebbe arreso per così poco, si sbagliava di grosso!
Lui era Uzumaki Naruto e nessuno –no, nemmeno Sasuke Uchiha- sarebbe mai riuscito a mettergli i piedi in testa.
Con la sua solita carica di energia, il biondo uscì dalla stanza, chiudendosi alle spalle la porta scorrevole, come poco prima aveva fatto il moro.
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Sasuke guardava fuori dalla finestra, gli occhi persi nel cielo notturno carico di stelle. Ricordava ancora quando da piccolo passava ore ed ore con il naso all’insù, a fissare quei piccoli spilli luminosi fissati alla volta celeste. Per quanto cercasse di contare quei puntini brillanti, non c’era mai riuscito. Eppure, dovevano avere una fine, no?
Niente era infinito, lo sapeva fin troppo bene. Solo alcune cose duravano più a lungo di altre, ma anche queste prima o poi si esaurivano, lasciando dietro di sé solo una scia sbiadita. Tuttavia le conseguenze non scomparivano. No, quelle rimanevano lì, a rimembrarti ogni giorno avvenimenti passati, che però influiscono ed influiranno costantemente sulla tua vita. Episodi a volte così dolorosi o talmente dolci da soffocarti, togliendoti l’aria e la luce e facendoti diventare la persona che sei, con le proprie aspirazioni, sogni, sentimenti ed obiettivi.
Sospirò piano, leggermente intristito da quei pensieri, che lo portavano a ricordare momenti nostalgici, quando ancora tutto andava per il verso giusto. Scosse la testa, mentre le ciocche di capelli corvini si muovevano scomposte sul suo volto, cercando di cacciare quella parte della sua vita che ormai aveva rinnegato in fondo alla sua anima: non era il momento di lasciarsi travolgere dalla malinconia.
All’improvviso si ricordò di Naruto, il quale era ancora nella sua camera da letto. Sasuke sorrise inconsciamente al pensiero del biondo e dei suoi grandi occhi azzurri. Aveva la certezza che il ragazzo fosse ancora di là, a pochi passi da lui, pronto ad attenderlo con un bel broncio: infatti, Naruto non era di certo una persona che si rassegnasse di fronte ai rifiuti e per nemmeno un attimo Sasuke considerò l’eventualità che
forse lui se fosse andato. Già si immaginava gli improperi che gli avrebbe rivolto il biondo, in che modo gli avrebbe rinfacciato il suo mutevole caratteraccio e di quanto fosse insopportabile; infine vagheggiava su come avrebbero fatto pace, con abbraccio spontaneo ed impacciato, o con un bacio a fior di labbra, crogiolandosi nel calore dell’altro.
Il ragazzo, rassicurato da quelle immagini fin troppo zuccherine, ripercorse il corridoio e, non appena fu di fronte alla porta che conduceva alla stanza, prese un bel respiro, facendo scomparire del tutto quel lieve sorriso che per pochi secondi gli aveva disteso leggermente le labbra.
«Dobe, non ti avevo forse detto di andartene?!», proruppe Sasuke con tono falsamente infastidito, mentre faceva scorrere la porta.
I suoi occhi si allargarono appena, quando non ricevette alcun insulto come risposta e una morsa attanagliò il suo cuore, che batteva frenetico, come se volesse uscire da un momento all’altro dal suo petto. Si guardò attorno stupito, cercando freneticamente un
qualcosa che attestasse la sua presenza. Rimase così, immobile e rigido sul posto, simile ad una bellissima e fredda statua di marmo.
Non c’era
nessuno nella stanza.
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Alla fine non ce l’aveva fatta. Il suo cuore si era incrinato pericolosamente mentre camminava a passo spedito lungo il corridoio, sentendo tutta la propria volontà scemare lentamente, rimpiazzata da una forte tristezza. Naruto aveva combattuto strenuamente per impedire alle lacrime che gli premevano ai lati degli occhi di scendere, dicendosi che lui non poteva piangere, non lì, non in quel momento. Lui non era
debole. Ed era corso via, veloce lungo le strade di Konoha, ignorando tutte le persone che incontrava per strada, mentre tentava disperatamente di tenere assieme i frammenti del suo cuore, che era riuscito a ricucire da troppo poco. Tutta la sua sicurezza era così semplice da far vacillare?
Si sentiva mancare il fiato, mentre tutto attorno sembrava essere sfocato ed irriconoscibile. Solo quando si ritrovò nella propria piccola casa, si abbandonò con un tonfo sul letto, sentendo le molle, ormai usurate, scricchiolare rumorosamente. Improvvisamente, sentì l’aria tornare a riempire i polmoni, mentre stringeva convulsamente le lenzuola spiegazzate del letto ancora da rifare e pesanti lacrime sgorgavano impetuose dai suoi occhi, bagnandogli tutto il volto.
«Non sono debole… », sussurrò piano tra un singhiozzo e l’altro, sentendo di non crederci più nemmeno lui.
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